Il ministro del lavoro perduto. Addio vecchio Marx, semmai qualcuno lo abbia mai preso a riferimento. Il ministro del Lavoro, infatti, punta a demolire anche un altro caposaldo della contrattazione del lavoro, il riferimento al tempo di lavoro. “Dovremmo immaginare contratti che non abbiano come unico riferimento l’ora-lavoro” ha detto Poletti nel suo intervento ad un convegno sul jobs act alla Luiss (università della Confindustria). L’ora di lavoro a fronte dei cambiamenti tecnologici “è un attrezzo vecchio” ha aggiunto perché con la tecnologia possiamo guadagnare “qualche metro di libertà”. Bisogna misurare anche, ha spiegato, l’apporto dell’opera. Come si valuta e, quindi, si ricompensa questo apporto? Poletti non lo dice ma in passato un metodo sicuro per arrivare al risultato c’è sempre stato (e c’è ancora): il cottimo. Una modalità di lavoro cancellata con le lotte sindacali di fine anni 60 e anni 70. La strategia di Poletti, dunque, è sempre più lucida e viene centellinata con molta determinazione. Giovedì era stata la volta del titolo di studio con il consiglio ai giovani di valorizzare un buon titolo di maturità a 20 anni piuttosto che una buona laurea a 28. “Ma non ho mai pensato che i giovani italiani siano ‘choosy o bamboccioni'” ha precisato.
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